I tetti nell'arte

Breve viaggio nel mondo della pittura, per scoprire come i tetti sono stati rappresentati nel corso della storia da vari artisti e secondo stili radicalmente diversi tra loro, diventando in alcuni casi i protagonisti delle opere che li vedono rappresentati.
Gustave Caillebotte, "Veduta di tetti, effetto neve", 1878, Parigi, Museo d'Orsay

La rappresentazione dei tetti nell'arte

È divertente viaggiare nelle diverse fasi artistiche dell’uomo per comprendere se e come il tetto sia stato in qualche modo protagonista nella rappresentazione della realtà.

Questo tentativo ha portato a considerare che nel confronto con i periodi a noi più lontani, in cui sono state sempre privilegiate scene sacre, ritrattistica, momenti storici e miti, i tetti delineano esclusivamente la presenza dell’uomo e di contesti urbanizzati. Poiché è l'uomo, con la sua storia o i suoi vissuti sacri e profani, a essere centrale, tutto il resto è relegato a definire un contorno: il paesaggio – naturale e qualche volta urbano – rappresenta pertanto un semplice fondale, una scenografia.

Partendo dal Basso Medioevo e richiamandoci a Giotto, il primo autore a dare importanza al paesaggio in generale (non a caso è considerato il primo “paesaggista”), vediamo ad esempio che i volumi architettonici che delineano i suoi luoghi urbani sono conclusi verso l’alto da marcati cornicioni aggettanti, oltre che da qualche falda su cui sperimenta timidi e primordiali accenni prospettici.

Giotto, "Rinuncia degli averi"

Giotto, Rinuncia agli averi. Fonte Wikipedia

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Il Cinquecento e la rappresentazione realistica

Nei dipinti “in esterno” sono gli aulici prospetti architettonici ad emergere piuttosto che i profili di cupole, torri merlate, guglie affilate con rari spioventi, ininfluenti, poco significativi. Skyline che suggeriscono il dominio di possedimenti, castelli ed edifici religiosi: la presenza dell’uomo ma soprattutto dell’autorità, nelle sue sfaccettature religiose, civiche e sovrane, con un contesto urbano che rimane “minuto".

Raramente qualche autore si avvicina alla città, privilegiando in ogni caso scene di vita vera che si svolgono in prossimità di piazze o delle porte di una città.

Pieter Bruegel, Paesaggio invernale con pattinatori e trappola per uccelli

P. Bruegel il Vecchio, Paesaggio invernale con pattinatori e trappola per uccelli, Fonte: Wikipedia

Le vedute fiamminghe

Anche nelle vedute fiamminghe del Cinquecento come quella qui riportata - in un piccolo frammento - si rappresenta uno scorcio di paesaggio; l’intento dell’artista è in realtà un altro e vede sempre l’uomo al centro: se apparentemente si illustrano scene quotidiane, di svago e ricreazione, di fatto si vuole avvertire l’individuo - attraverso un messaggio morale celato ma all’epoca decifrabile da tutti -  che nella sua ignara spensieratezza il pericolo (la trappola) è in agguato ed inevitabile, proprio come la tagliola che catturerà le ingenue bestioline . Ma il suo sguardo rialzato, attento ad ogni singolo singolo dettaglio come è prassi nella pittura fiamminga, permette di godere di tetti splendidamente rappresentati.

La storia va avanti e facendo un bel balzo in avanti ci si avvicina all’800, che a poco a poco pone una crescente attenzione per l’esterno. Nel Romanticismo in generale ed in Inghilterra in particolare è la Natura, come forza sublime, ad essere rappresentata, specie nei suoi momenti di maggiore sconvolgimento: nell’immagine sotto riportata osserviamo invece un paesaggio sereno. E così John Constable - che preparava i bozzetti dal vero, sul sito - pur concentrando l’attenzione su alcuni elementi (il carro di fieno, il fiume, la tradizione agreste, le attività umane) avvicina l’osservatore alla costruzione: il rustico mulino non è più in fondo alla composizione ma più vicino a noi, che possiamo così coglierne il segno, traendo anche informazioni sulle sue peculiarità tipologiche.

John Constable, Il carro da fieno

J. Constable, Il carro da fieno, Fonte: Wikipedia

Il Realismo e i Macchiaioli

Poco dopo, nelle molte forme del Realismo, si continua a ritrarre il paesaggio con una sempre maggiore adesione al vero. In Italia questo stile si afferma attraverso la sperimentazione dei Macchiaioli, antesignani dei più noti artisti impressionisti ma dalla fortuna di pubblico minore. Anche loro saranno attenti all’esterno: ricordiamo che da qui in poi l’arte dovrà fare i conti con una scoperta importantissima: la fotografia, che a partire dal 1838 metterà in discussione la necessità della rappresentazione della realtà attraverso la pittura, unico mezzo fino ad allora conosciuto, e porterà l’arte ad essere uno strumento diverso, teso a rappresentare “altro”.

In questo contesto nasce il quadro sotto rappresentato, vero paradigma della ricerca degli artisti toscani che appartenevano a questo movimento, in cui i tetti, che chiudono i volumi geometrici quadrangolari e netti, descritti da tacche di colore giustapposte, sono sfiorati da una nuvola, soffice, quasi estranea.

Raffaello Sernesi, "Tetti al sole"

R. Sernesi, Tetti al sole, Fonte: Catalogo generale dei Beni Culturali

I tetti nell'Impressionismo

Ma arriviamo al momento in cui si afferma un linguaggio nuovo, tanto amato (anche se non all’inizio), in cui rintracciamo diverse opere che raffigurano i tetti. L’impressionismo, con la sua pittura libera inedita, en plein air, tecnicamente differente, ove il paesaggio è dominante, anche quello urbano. I tetti divengono un soggetto regolare nella pittura dell’epoca; sarà perché gli artisti, spesso nella loro posizione di bohemienne, avevano il loro studio nelle mansarde: non solo perché costavano meno, ma anche perché godevano di una luce maggiore.

L’immagine sottostante l’abbiamo volutamente inserita perché coglie lo spirito dei suoi autori, che desideravano esprimere l’impressione luminosa di un contesto attraverso note cromatiche pure, ove è la luce a dover prevalere. Se l’intento di Claude Monet era di rappresentare la modernità, di cui la città è il risultato più evidente – con le sue stazioni, l’andirivieni dell’uomo, il fumo ed il vapore delle locomotive – è piacevole cogliere l’impronta della copertura (nelle sue nuove forme moderne) dall’interno.

Claude Monet, "La Gare Saint-Lazare"

C. Monet, La Gare Saint-Lazare, Fonte: Wikipedia

Gustave Caillebotte, "Boulevard Haussmann, effetto di neve"

G. Caillebotte, Veduta di tetti, effetto neve, Fonte: Wikipedia

Moltissime sono le immagini impressioniste che colgono la città nei vari momenti dell’anno; il punto di vista diventa eccezionalmente alto e coglie, nella luce invernale di Montmartre, i tetti, i comignoli, l’aria fumosa.

Anche Pissarro, impressionista atipico data la sua posizione duplice, da un lato esalta la luce e gli effetti cromatici, dall’altro, pur non ricorrendo al contorno delle figure, le rende più solide, meno sfumate.

Camille Pissarro, "Tetti rossi"

C. Pissarro, I tetti rossi, Fonte: Wikipedia

In questo dipinto, sempre invernale, dipinge i tetti spioventi di un rosso acceso, nascondendoli dietro alla natura dormiente, catturando così immediatamente lo sguardo dell’osservatore ed utilizzando poi altre sfumature meno accese dello stesso colore negli altri dettagli. L’inclinazione delle falde qui è l’elemento che rende l’insieme dinamico e lo spazio prospettico.

Espressionismo e post-Impressionismo

Passiamo ora ad altri due celebri autori che aderiranno al post impressionismo: Paul Gauguin e Vincent Van Gogh, che celebrano in diverse loro opere i tetti.

Per Van Gogh ancora una volta sono i tetti di Montmartre ad essere al centro dell’attenzione; ma le sue caratteristiche pennellate e l’uso di colori prevalentemente freddi, come i verdi, gli azzurri ed i viola, sono ancora più evidenti nei casolari con i tetti in paglia, che nel vento, tra le nuvole che corrono, rappresentano la testimonianza di una tipologia propria dei luoghi vissuti dall’artista. 

Gauguin invece illustra nel primo caso un contesto denso di edifici: attraverso il blu dei tetti, statico e freddo, ne mostra il lato esposto a nord, raffigurando uno spazio urbano un po’ chiuso su se stesso. Diversamente il secondo quadro sottolinea una prospettiva che riecheggia le stampe giapponesi, tanto amate in questo tempo, con un asse diagonale che unifica tutte le forme. I tetti qui sono parzialmente celati dalle forme brune di un albero posto in primo piano ed il paesaggio invernale è curiosamente fatto di colori caldi.

Con il Novecento l’arte “cambia”; per comprenderla bisogna considerare che in nessun altro secolo precedente l’umanità era tanto profondamente mutata e con lei il modo di vivere e di pensare.

Nel periodo delle Avanguardie Storiche si evidenziano le mutazioni, le trasformazioni, le rivoluzioni e le crisi in atto nella società europea. Ed anche il modo di dipingere ed i soggetti mutano.

Marc Chagall, "Sopra la città"

M. Chagall, Sopra la città, Fonte: Arthive.com

I tetti astratti nel Cubismo e nel Futurismo

In un momento in cui gli stati d’animo più cupi, le ansie, le paure diverranno temi centrali, si staglia sorprendentemente un cantore della gioia di vivere: Marc Chagall, una figura indipendente ed un po’ ambigua rispetto alle varie forme avanguardiste. In questo suo quadro è evidente il suo stimolo più importante: la favola. E qui due figure volteggiano quasi ingenuamente su un paesaggio di tetti.

Per rivedere altri tetti possiamo richiamarci ad alcuni esponenti del Cubismo agli esordi che, nel rappresentare paesaggi urbani usano volumi architettonici compatti, massicci, su cui poggiano tetti decisamente inclinati, spigolosi e potenti, come fossero dei tagli. I loro dipinti contengono volumi piatti, una riduzione dei colori, minori effetti di chiaro scuro ma è nel secondo quadro che si esprime con maggior evidenza il principio di simultaneità, la vera cifra del Cubismo, con la sovrapposizione della stessa immagine attraverso la quale è possibile coglierne i diversi punti di vista.

Georges Braque, "Tetti a Ceret"

G. Braque, Tetti a Ceret, Fonte: Artsdot

Anche nelle immagini urbane, come in quella di Delauney, esponente di spicco del Cubismo Orfico, e di Leger, si osserva come le costruzioni ed i tetti siano la scusa per una pittura fluida, brulicante di volumi, tesa a suggerire l’azione.

Un dinamismo che diverrà protagonista nel Futurismo, movimento prevalentemente letterario i cui temi verranno veicolati anche attraverso la pittura.

Umberto Boccioni, "Visioni Simultanee"

U. Boccioni, Visioni simultanee, Fonte: Wikipedia

“Visioni simultanee” di Boccioni illustra ancora una volta la città, luogo privilegiato, vista da una donna appoggiata ad un balcone e rivolta verso la strada, elemento a cui tutto tende, tetti compresi, scomponendosi su piani differenti.

Il Surrealismo e l'arte contemporanea

René Magritte, "Golconde"

R. Magritte, Golconde, Fonte: Wikipedia

Come non citare, poi, il surrealismo di Magritte, ed i suoi uomini con la bombetta che svolazzano sospesi a mezz’aria (ed a mezz’aria ci troviamo anche noi, che osserviamo) su uno sfondo (anche) di tetti? L’autore non ha mai dato un’interpretazione univoca del dipinto, lasciando allo spettatore il compito di leggervi un senso di positività (la leggerezza, la geometria) o di angoscia (il pericolo dell’omologazione di soggetti tutti uguali, indistinti, anonimi).

Avvicinandoci sempre più a noi, ecco due bei quadri di Guttuso, amante dei paesaggi urbani ed in particolare dei tetti: quelli di Palermo, di Bagheria, di Erice e di Roma. Geometrie ordinate, lineari, con segni spezzati (i tetti, appunto), che paiono riflettersi nel cielo.

È bello, poi, pensare al tetto immergendolo nel mondo del gioco e nella fiaba. Per questo abbiamo scelto due artisti del ‘900, che hanno reso in qualche modo protagonista il tetto. In una, La scala di Penrose (o infinita), Escher esprime attraverso le sue costruzioni impossibili e le sue distorsioni geometriche un’illusione ottica che avviene in sommità di un edificio, attraverso la rappresentazione bidimensionale di una scala che torna sempre al punto di partenza, senza permettere mai di salire.

Maurits Cornelis Escher, "La scala infinita"

M. C. Escher, Salita e discesa, Fonte: Wikipedia

Molto più lirica e fiabesca è invece la serigrafia di Luzzati, dove Pulcinella, figura da lui molto amata e utilizzata tante volte nelle sue opere, volteggia sulle case nella notte. Una celebrazione della fantasia e del sogno.

Emanuele Luzzati, "Giocando sui tetti"

E. Luzzati, Giocando sui tetti, Fonte: Galleria il Vicolo

I tetti e la street art

Ai giorni nostri osserviamo poi come molti artisti stiano esprimendo la propria arte coinvolgendo l’edificato esistente. Si tratta di vere e proprie opere di street art ove gli artisti realizzano enormi murales utilizzando superfici inconsuete come cortili, parcheggi e tetti. Fatte di frequente per essere viste dall’alto, utilizzano sovente la tecnica dell’anamorfosi, una sorta di studiata deformazione.

I soggetti talvolta sono apparentemente ingenui, come i giganti addormentati dei francesi Ella & Pitr che con essi si sono divertiti, o la figura sul tetto di una scuola di Ruben Mureddu, ma in altre opere affrontano attualissimi temi politico-sociali. I tetti diventano così il supporto ideale e ben visibile di molteplici forme artistiche che speriamo possano abbellire e rendere preziose tante superfici dimenticate e degradate. Molti tetti piani potranno così divenire opere d’arte.

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